Alle spalle di Metaurilia la magia della campagna di Ponte Alto

Il viale dei Gelsi

Il viale di Gelsi, che dall’Adriatica si prende in direzione monte, proprio di fronte a via Jozzino (Boaini Beaach)

Abituati al frastuono, alla velocità, al pericolo della Statale, piegare verso monte ed imboccare il viale di Gelsi genera un’improvvisa ed imprevedibile sensazione di miracolo: il silenzio puntellato di fruscii e cinguettii, i colori caldi della campagna, la struggente bellezza dei casolari abbandonati, la quinta delle dolci colline marchigiane, il mare che si staglia all’orizzonte, ci restituiscono la magia del passato ed alimentano la speranza di un futuro sostenibile per questo sorprendente territorio.

La suggestiva strada “Ponte Alto”

Non ci sicrede, ma anche questa è la Metaurilia di oggi, o meglio, del 31 marzo 2019. Sono immagini primaverili di Ponte Alto, in occasione della passeggiata emozionale organizzata in concomitanza con la mostra “Metaurilia Orto di Mare”

Da Sant’Egidio a Torrette, diverse stradine si inerpicano sopra il greppo, e dopo neanche 50 metri il paesaggio urbano disordinato e lineare di Metaurilia si ribalta, e torna ad essere campagna placida e produttiva, puntellata di casolari abbandonati, carichi di ricordi e di poesia.
La prima immersione avviene venendo da Fano appena prima del Centro Scarpa. Ed’ è già sorpresa: la cappellina di Sant’Egidio, antica torre di avvistamento, sopra un’altura insospettabile. Proseguendo, le coloniche dei Lucarelli, detti “Caslin da Alt”, e “Caslin da Bas”, negli antichi possedimenti del sor Momo Solazzi.
Percorrendo la stradina bianca e dolce, si arriva alla cappellina della Madonna della Cupa, nata per devozione locale negli anni Sessanta e dove succede qualcosa di inaspettato: ponendosi sul retro e dando voce al Fiume, il fiume risponde!
Piegando a sinistra in direzione Torrette si percorre la cosiddetta “Strada di Mezzo”, perchè a metà tra l’Autostrada e la Statale. In realtà si chiama “Strada Ponte Alto”, e porta fino a Torrette.
Lungo la Statale gli innesti alla strada Ponte Alto sono diversi: c’è quello davanti alla Cooperativa di Metaurilia, che porta alla colonica dei Vitali, detti “Biagella“, e sulla Strada Ponte Alto in direzione Fano porta a quella dei Belogi (Blòg) dove “Si giva a la scola” poi abitata dai Paci, detti Jacob.
L’innesto successivo si trova davanti a via Jozzino, ed è proprio il viale di Gelsi, che subito sopra il greppo trova la colonica dei Romani, una delle poche ancora abitate, ed in fondo in fondo, dopo un altro viale di gelsi, arriva a quella dei Montanari, nel cuore di tutti i Metaurili per le bellissime feste che vi si organizzavano.
Proseguendo verso Torrette Ponte Alto dona pace, silenzio, e paesaggi fino a ritornare sulla Statale poco prima di Torrette.

Gli uni per gli altri

Colonica Palazzi. Pronti per l’aratura.

Le case coloniche sopra il greppo, e specialmente lungo la Strada Ponte Alto, erano abitate da molto prima che Metaurilia diventasse Metaurilia. Ciascuna colonica era abitata da 20-25 persone, per lavorare 12-15 ettari di terreno a cereali e foraggi. C’erano stalle capienti per i buoi, la forza motrice dei lavori agricoli. Quando le famiglie coloniche videro spuntare le casette di Metaurilia, così minuscole, e con un solo ettaro di terra il pensiero fu uno solo: “Son matti. Sta gente viene a fare la fame”. Ma a far tempo pochi anni, si dovranno ricredere. E cominceranno anche loro a coltivare cavolfiori e pomodori.
I primi anni la vita dei Metaurili e quella delle famiglie coloniche era molto differente: i Metaurili erano poveri, privi di mezzi. I coloni erano invece, come dice Fiorella Lucarelli (dei Caslin da Bas), sposa all’orto 7: “No siamo i cuntadin quei fin, no la dmenica ce lavan sal sapon”. Si sposavano con l’abito bianco, e la domenica andavano in gita.
Iniziarono presto rapporti di buon vicinato tra i due gruppi di famiglie: i bambini furono i primi a socializzare, grazie alla scuola, ai giochi in strada e nei campi. Gli adulti cominciarono scambi di mutuo soccorso: i contadini che avevano aratro e buoi aravano gli orti dei Metaurili, i Metaurili aiutavano nei campi quando era ora di trebbiare. Erano braccia sempre disponibili, in cambio di un pasto caldo e della legna. Perchè i Metaurili, non avendo piante, ma solo ortaggi, non avevano legna da ardere per la cucina ed il riscaldamento.
Durante lo sfollamento, nel 1944, molti Metaurili si rifugiarono presso le coloniche. Ed i matrimoni incrociati ormai non si contano più. Un intreccio di relazioni così intricato e stretto, che ormai tutti, dalla Statale a Ponte Alto, sono parenti di tutti.

Il “monte” dei Metaurili

Dalle parole di Susanna Pucci (orto 79) un delicato affresco della campagna sopra il greppo di Metaurilia, detto anche il “monte”, rivisitata con gli occhi ed il dialetto della bambina di allora:

Co m’arcòrd quànd’era na fiulìna
Le pasegièt sul mònt….dacsì chiamèmi la campàgna diètra chèsa de Trènsìn,
quànd gìmi à’rcòia i lupìn a primavèra e ‘l mùschi d’invèrne. […]
Parèchi àn dòp, una sera de giùgn,quànd in tl’èria se sènt già l’arìv dl’estèt,
ho purtèt mi fiòla, ancora piculìna a spàs … diètra chèsa de Trensìn …
sin armàst a bòca apèrta dal spètàcul dle lucciùl che ce salutèvne tremulant …
e ho capìt ch’en c’avemi mèj da scurdè che sin stati fiulìni
e che avèn da mantièna dèntra de nò sèmpre viv el ricòrd!!!

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