Il Podestà che diede il via a Metaurilia

Il Podestà Giovanni Battaglia

Giovanni Battaglia (Cingoli, 1902-1985)

Giovanni Battaglia e la moglie Maria Amelia Solazzi

Giovanni Battaglia nasce a Cingoli, dove vive. Il padre Francesco appartiene al casato dei Battaglia, il cui capostipite fu Jacopo da Battaglia (Terme) capitano di ventura in epoca medievale. E’ una benestante famiglia di possidenti. Hanno circa 1000 ettari di terreni tra Jesi a Cingoli, ma anche terreni nelle valli di Comacchio dove Francesco ama andare a caccia. La mamma di Giovanni è invece una Baccarini, del nobile casato fanese imparentato coi conti Bracci. A Fano hanno diversi terreni e la villa del Rosaio, sulle colline di San Biagio.

E’ proprio questa dimora il legame di Giovanni con Fano. Durante l’estate la numerosa famiglia Battaglia vi si trasferisce per le vacanze estive ed i bagni di mare al Lido. Giovanni, che è il primogenito, ha due fratelli, Mario e Vittorio, e due sorelle, Ludovica ed Evelina. Una terza sorella, Elena, è morta prematuramente.
La Villa del Rosaio è una gioia non solo perchè significa vacanze, ma anche per il mitico fritto di paranza dell’altrettanto mitica cuoca Dada.
Ed è proprio in spiaggia che i fratelli Battaglia fanno amicizia con le ragazze bene di Fano. Una in particolare conquista con la sua bellezza ed il suo fascino Vittorio, il più piccolo dei rampolli Battaglia. La ragazza si chiama Maria Amelia (1905), ed è la figlia di Sante Solazzi, uno dei più grandi possidenti ed imprenditori di Fano. Quando però Vittorio la presenta a Giovanni, per lui, adolescente in erba, non c’è più storia: il fratello maggiore, col suo metro e 92 ed  i suoi occhi azzurri sbaraglia tutta la concorrenza e fa breccia nel cuore di Maria Amelia.

E’ così che i due ragazzi intorno al 1926 si sposano e vanno a vivere a Jesi, dove il padre di Giovanni ha acquistato il palazzo Amici per poter presidiare più da vicino i possedimenti di quel territorio. Non è il più bel palazzo della cittadina, ma ha conquistato Francesco per le sue splendide cantine, perfette per lo stoccaggio e la distribuzione del grano prodotto dai suoi terreni. I sacchi di cereali vengono scaricati dai carri in città, trasferiti nelle cantine che si affacciano nelle campagne sottostanti e lì venduti.
Giovanni si è laureato in agraria. Svolge la professione di assicuratore per la Cattolica Assicurazioni nelle province di Ancona e Pesaro e segue per la famiglia anche i possedimenti del circondario di Jesi e di Fano. E’ ben inserito politicamente, grazie alle importanti parentele ed ai fratelli attivi nel Partito. Mario, studente a Camerino è nel 1919 tra i soci fondatori del Fascio Primogenito. Vittorio ha partecipato alla Marcia su Roma ed in seguito partecipa alla campagna d’Africa. Inoltre il padre Francesco è noto a Roma e al Duce per aver bonificato assieme al socio, l’imprenditore Ermellini, i terreni che hanno dato origine a Cinecittà. E’ grazie a quest’opera che Francesco viene nominato Cavaliere del Regno.

In questo contesto di incarichi e relazioni  matura la decisione del Fascismo fanese di proporre al giovane trentunenne Giovanni Battaglia l’incarico di Podestà. Nel 1932 termina il mandato del Podestà Tullio Blasi ed il Comune di Fano viene Commissariato: l’onorevole Mariotti e Buscarino firmano le delibere che vanno dal novembre 1932 a luglio 1933. Sembra esserci una certa difficoltà ad individuare una figura idonea e disponibile al ruolo. Giovanni, alla cortese richiesta, cortesemente rifiuta. Di contro, la lettera in risposta lo invita a prendere servizio il 6 luglio del 1933. Così suo malgrado, Giovanni è costretto ad accettare. Si trasferisce a Fano con la moglie ed i due figlioletti Marzia di 6 anni e Francesco di soli 6 mesi nel palazzo del suocero in piazza Costanzi, e nei mesi estivi a San Biagio dalla mamma, presso la villa del “Rosaio”.

La Villa del Rosaio, in località San Biagio, di proprietà della famiglia Baccarini

Piazza Costanzi in una vecchia cartolina. Sulla destra il palazzo dove viveva Sante Solazzi e dove vissero Giovanni e Maria Amelia nel 1933-34

Podestà per un anno

L’Ora, 14 aprile  1934. Il Podestà avvia il progetto dei nuovi orti.

Nel giro di poco tempo il nuovo Podestà avvia due iniziative estremamente importanti per la città di Fano: in settembre comincia a prendere contatti con l’architetto Emidio Ciucci, offrendogli l’incarico di disegnare il primo Piano Regolatore e di Ampliamento della città di Fano, come probabilmente richiesto ai Comuni dalla Federazione Nazionale Fascista della Proprietà Edilizia con sede in Ancona a firma del Presidente Piero Ferretti di Casteferretto (1896-1951), deputato del Regno. La delibera di incarico è del 14 novembre 1933. Mentre l’architetto Ciucci lavora al Piano Regolatore, il Podestà Battaglia avvia nell’aprile del 1934 il progetto che porterà alla nascita di Metaurilia.

Il progetto viene affidato al geometra fanese Renato Servigi che disegna un appoderamento di 200 orti nell’area di proprietà della Congregazione di Carità in riva sinistra del fiume Metauro, alle spalle ed a monte del Santuario della Madonna del Ponte. Il 14 luglio il progetto è pronto per essere inviato al Ministero. Proprio in quei giorni l’architetto Ciucci consegna il Piano Regolatore. Battaglia gli chiede allora di integrare il lavoro con un Progetto di dettaglio anche per la nuova Borgata Rurale. Quando l’architetto consegna il lavoro un paio di settimane dopo, è ormai troppo tardi. Il Ministero chiede ulteriori approfondimenti e pareri a causa di una importante opera per l’irrigazione degli orti: un acquedotto di presa dal fiume Metauro. Questo comporterebbe un ulteriore ritardo e gli Amministratori fanesi preferiscono non ostacolare ulteriormente l’avvio dei lavori e dirottano così l’iniziativa in riva destra del Metauro, su terreni della Contessa Matilde Saladini Montevecchio, dove la falda assai superficiale garantisce tramite pozzi profondi 2-3 metri l’irrigazione necessaria. I disegni di Servigi e di Ciucci vanno nel dimenticatoio ed il geometra del Comune Alfonso Fiori subentra nel progetto  e disegna in pochi giorni quel che sarà Metaurilia: un allineamento di case ed orti lungo la Statale Adriatica.
Il 7 agosto, ovvero 3 settimane dopo la presentazione del Progetto ormai obsoleto, viene posata la prima pietra delle nuove casette. A novembre è programmata la consegna delle prime 5 ad altrettante famiglie di nuovi ortolani, ma non sarà Giovanni Battaglia e presenziare la cerimonia. Nella notte tra il 30 ed il 31 ottobre, dopo soli 15 mesi da Podestà, Battaglia si dimette dalla carica, consentendo così il subentro del suo Vice, l’agronomo Augusto Del Vecchio, colui che ha scritto e firmato il progetto Agronomico della Borgata, già Presidente della Cattedra Ambulante di Agricoltura della Provincia di Pesaro, che sarà Podestà fino al 1938 ed al cui nome rimarrà legata per sempre Metaurilia.
Il settimanale L’Ora ne dà una comunicazione asciutta il 31 ottobre 1934.

RdC 31 ottobre 1934. Le dimissioni di Giovanni Battaglia

Giovanni Battaglia è ricordato come il Podestà della Giacchetta: chiunque al suo cospetto deve indossarla. Perciò le sue segretarie fanno una colletta per acquistarne una che lasciano appesa nella sala d’attesa per farla indossare a chi si presenta senza.
La causa delle dimissioni di Battaglia dalla carica di Podestà non sono chiarissime. Nascono in un clima di delazione e sospetto che investe il Partito, in particolare a carico dei potenti e possidenti locali, accusati di detenere in poche mani tutte le leve del potere amministrativo ed economico. Il Partito si trova ad avere nei ruoli chiave personaggi non ben inquadrati all’ideologia “sociale” fascista, che invece di rappresentare il nuovo che avanza, rappresentano il vecchio attaccamento al potere ed ai privilegi di sempre. Battaglia viene accusato di aver favorito nei lavori di asfaltatura la famiglia della moglie Maria Amelia Solazzi, così come si evince dal libro di Luciana Agostinelli, “I Fasci Femminili Fanesi”, 2018. Giovanni si dimette da Podestà, ma rimane Vicepresidente del Consiglio Corporativo Provinciale.

Di questa esperienza politica rimane a Giovanni un grande amaro in bocca. Nel tempo ne parlerà il meno possibile. Gli anni che seguono convergono verso un evento drammatico che modificherà per sempre la vita della sua famiglia: nel 1941 muore prematuramente, a soli 36 anni, l’amata moglie. Giovanni si trova vedovo ed in difficoltà nel seguire i suoi due ragazzi, dati gli innumerevoli impegni di lavoro. Così la sorella Evelina, che abita a Cingoli coi genitori, propone di crescere il nipote Francesco, di 8 anni, mentre Marzia, che ha 14 anni, viene affidata alle cure dei nonni Sante e Giulia Solazzi, a Fano. Giovanni si divide tra Fano e Jesi, come una meteora che appare e scompare.
L’altra sorella di Giovanni, Ludovica, sposa Fazi, un altro grande possidente della zona di Jesi. Il più piccolo dei Battaglia, Vittorio, acquista uva dalle produzioni di Giovanni e del cognato Fazi e fonda nel 1949 la famosa azienda vitivinicola Fazi-Battaglia, quella che ha lanciato il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Vittorio è un uomo di successo: vive a Milano, per compagna ha l’attrice Gianna Maria Canale, ha una splendida figlia, Fiorella, figlia della prima moglie. In Italia ha il monopolio dell’importazione delle banane.
Alla fine del 1943, dopo l’Armistizio gli antifascisti prendono forza. Giovanni, un giorno a passeggio con il figlioletto Francesco, viene avvicinato da alcuni di loro. La presenza del bambino lo salva da quello che ha tutta l’aria di essere un’intimidazione. Il giorno stesso Giovanni parte e si rifugia a Cingoli, dove si nasconde per un anno e mezzo. Lungo il viale principale di Cingoli c’è un albero che lo sta aspettando, pronto per l’immediata impiccagione pubblica  di tutte le personalità invischiate col fascismo.
Sante Solazzi con la sua impresa di costruzioni è impegnato coi nazisti nella costruzione della linea gotica, per colpa della quale incontra diversi guai: i nazisti ce l’hanno con lui perchè è troppo lento, i partigiani ce l’hanno con lui perchè collaboratore dei nazisti. Terminata la guerra sarà uno dei pochi che verrà incarcerato.
Giovanni rimane nascosto fino all’aprile del 1945, salvandosi grazie ad un carabiniere figlio di un colono delle sue terre, che lo allerta all’approssimarsi del pericolo.
Trascorrerà quindi il tempo di pace diviso tra Cingoli e Jesi, fino al giorno della morte avvenuta nel 1985.