Ortolani per contratto, pescatori per DNA

Nasse e gugul

Spiaggia di Metaurilia. Nasse e barchetti in una immagine estiva degli anni Sessanta.

La dieta dei Metaurili, ricca di vitamine e sali minerali grazie all’orto, andava arricchita di proteine. Tutti allevavano polli e conigli, e molti erano dediti alla caccia. E grazie alla vicinanza del mare, anche alla pesca. Alcuni Metaurili avevano il barchetto, soprattutto quegli ortolani provenienti dalle marine di Fano come i  Trensin e i Fernet  dalla Sassonia, o i Gramulin dall’Arzilla. Nei tempi concessi dall’orto, si dedicavano alla piccola pesca con attrezzi facili da realizzare e stoccare, quali nasse e gugul (cogulli). Il capo-pesca proprietario del barchetto chiamava i vicini di casa e con loro divideva il lavoro ed il pescato. Che si portava a casa. Unpò per mangiarlo, un pò per venderla. Era frequente al mattino vedere le massaie di Metaurilia partire col carretto o in bicicletta cariche di ortaggi, e di pesci.

Fernet (Guido Fiorucci, orto 83, primo a destra) con il suo barchetto ed i Metaurili , suoi vicini di casa, che uscivano a pesca con lui: da sin. Giulio Ferri (orto 7), Gualtiero Cecchini (orto 13) e ……..

Ortolani – pescatori

Per i Metaurili la pesca non era, e non poteva essere da contratto, l’attività principale. I Metaurili che avevano il barchetto decidevano le uscite compatibilmente alle necessità dell’orto, e chiamavano a raccolta altri Metaurili, generalmente  vicini di casa, con i quali dividere il lavoro ed il pescato, riservandosi ovviamente la parte più consistente. Curioso osservare che i pochi Metaurili che avevano il barchetto  (Trensin dell’orto 79, Gramulin dell’orto 80, Fernet dell’orto 83) abitavano sul lato monte della Statale, piuttosto che sul lato mare. Tale stranezza può probabilmente spiegarsi col fatto che quelle furono le prime case costruite a Metaurilia e che furono assegnate agli aspiranti coloni ritenuti migliori: quelli cioè già provetti ortolani provenienti dai conosciuti e collaudati orti Garibaldi e spesso raccomandati da Rupoli, l’esportatore.  Ma gli ortolani della Sassonia erano anche provetti pescatori, ed ecco spiegato perchè si trasferiscono a Metaurilia con la zappa … e il barchetto!

La piccola pesca dei Metaurili

La nassa per la pesca selettiva delle seppie.

Vongole e cannelli potevano essere pescate direttamente a riva, anche da donne e bambini senza grosse difficoltà. Le vongole si pescavano con un rastrellino, soprattutto durante la bassa marea, per tutto l’arco dell’anno. I cannelli si pescavano al mattino a mani nude in riva al mare, nella stagione calda.

La piccola pesca era praticata dagli uomini con piccole imbarcazioni che si allontanavano poco dalla costa. Si distingueva rispetto agli altri metodi di pesca per l’uso di attrezzi selettivi, cioè pensati per catturare solo specifiche specie.

Con la barchetta di 3 metri si tiravano giù verticalmente retine d’imbrocco a 300-400 metri dalla riva. Dopo una notte di attesa si trovavano in trappola sogliole, canocche e mazzole (gallinelle di mare).

La pesca alla tratta si svolgeva preferibilmente nella stagione calda, perché comportava l’entrata in acqua fino al ginocchio e la stesa di un’ampia rete. Venivano così catturate trigliette (i roscioli), sardoncini e paganelli.

Le nasse venivano poste tra aprile e maggio e servivano per catturare le seppie.

I cestini, detti «gugul» (cogulli in italiano) servivano per la cattura dei bombolini. Tale tipo di pesca si svolgeva da dicembre fino a fine aprile, quando, non a caso, a Marotta si svolge la festa dei “garagoi”.

Oggi tali tipi di pesca è regolamentata in modo molto rigido per tutelare le specie ittiche ed il loro ripascimento.

Pescato ed ortaggi, nelle loro combinazioni stagionali hanno generato piatti e abbinamenti che,entrati nella tradizione, fanno parte imprescindibile della gastronomia locale. Primo tra tutti le “seppie coi piselli”, che si trovano nelle dispense insieme, in primavera.

Il “gugul” (cogullo) per la pesca selettiva dell’anguilla.