Il re dell’orto-frutta

Attilio Rupoli (Tilòn)

L’azienda Rupoli negli anni Trenta e Quaranta è leader nel settore dell’esportazione ortofrutticola. Come nasce l’azienda?

Giovanni Rupoli in divisa da garibaldino

Giovanni Rupoli, garibaldino trombettiere, vive a Fano. A fine Ottocento ha una famiglia assai numerosa da mantenere: 4 figli maschi e 3 figlie femmine.

Di lavoro fa quello che coi mezzi di oggi si definirebbe  il “padroncino”. Aveva cioè dei carretti tirati da somari  con i quali consegna le merci nel loro ultimo tratto, dalla stazione di Fano alla destinazione. Per sbarcare il lunario si adatta anche a fare lavoretti qua e là. Fa quindi anche il facchino per il Convitto Nolfi. E’ un convitto prestigioso frequentato da ragazzi provenienti da tutta Italia.

Nell’anno 1900 o giù di lì, un bel giorno, il padre di un ragazzo proveniente dalla Sicilia, in visita al figliolo, nota Giovanni: lo incontra  prima alla stazione col carretto ed uno stuolo di ragazzotti intorno ad aiutarlo, e cioè i 4 figli maschi: Fortunato, Romeo, Alberto ed Attilio. E poi lo rivede tuttofare al Convitto. E gli viene un’idea.

“Se le mandassi delle arance… il gentiluomo siciliano apostrofa così  Giovanni, che però lo interrompe: “E cu è?” Ci volle del bello e del  buono per capire che quel signore forestiero parlava dei “portugal”. Così infatti era nota l’arancia a Fano: un frutto esotico e raro, per le tavole dei ricchi.

Il signore siciliano aveva annusato l’affare. Quel tipetto intraprendente aveva il carattere, i mezzi, ed uno stuolo di ragazzotti vivaci per realizzare il suo progetto: esportare le arance siciliane in questo territorio marchigiano da conquistare al suo mercato. La nuova strada ferrata apriva le porte a piazze fino ad allora impensabili.

E così si accordarono, il signore siciliano e Giovanni, per l’invio dalla Sicilia di una gabbia di arance che i piccoli Rupoli avrebbero cercato di vendere ai fanesi.

M’ha dit che l’hai da venda” dice Giovanni al figlio Fortunato. Che tenta di ribellarsi: “Ma je en voj gi in gir a far il buratin a venda i purtugal”. Ma tant’è che gli tocca, è il primogenito. Fortunato di nome e di fatto,  parte col suo carriolino ed in pochissimo tempo vende tutte le arance. Al secondo invio i “portugal” vengono venduti in un battibaleno. E così il siciliano invia un numero sempre maggiore di casse e Giovanni affida ad ogni figlio una zona di vendita, ciascuno col suo carretto. Fortunato va al Porto, Romeo ed Alberto in città e nelle campagne limitrofe. Ad Attilio, che è il più piccolo, la meta meno ambita: Fossombrone!

Attilio Rupoli, l’esportatore

Giovanni Rupoli coi suoi 4 figli maschi negli anni Venti

Attilio, nato nel 1891 ha però già una bella tempra. Con la scuola così così, ha fatto 2 volte la prima e 3 volte la seconda, ma a 9 anni già lavora al porto, caricando le barche di cavoli, affogliati per mantenerne la freschezza. I cavoli sono diretti a Pola, allora austriaca, di là dell’Adriatico, da dove prendono la via del nord Europa.

Attilio comincia quindi  i suoi viaggi a Fossombrone per vendere le arance. E che viaggi! Una volta, d’inverno, sul tratto tortuoso della Flaminia che attraversa Serrungarina il somaro scivola cadendo rovinosamente. Il carretto si rovescia e le arance rotolano giù impertinenti per la discesa. Il povero Attilio deve correre  qua e là come un matto per salvarne il più possibile. Da quella volta il ragazzetto nei punti critici sosterrà con tutta la sua forza di ragazzetto il somaro per evitare altre cadute. Arriva a Fossombrone distrutto. Distribuisce le arance ai due compratori fissi che ha  trovato e poi si mette a dormire su una greppia, sfinito. Col tempo sostituìsce il somaro con un altro, più grosso e robusto di un cavallo, che chiama “Piròn”. Che fa rima con “Tilòn”, il suo soprannome. Per ammortizzare al meglio tutta quella fatica Attilio ha un’idea: compra del pane di Fossombrone e lo porta a vendere a Fano. I fanesi infatti dicevano: “Il pan di Fossombron è bon una muchia!”.

Il mercato delle arance ha così grande fortuna. Vengono perfino dalla Romagna a Fano per acquistarle dai fratelli Rupoli. Commerciando arance i Rupoli vengono in contatto con un produttore di Pedaso, in provincia di Ascoli Piceno, che ne apprezza la ineguagliabile intraprendenza. Dà così a questi ragazzi diversi incarichi, inviandoli qua e là nei luoghi di produzione a dirigere la raccolta e la spedizione dei prodotti. Attilio ad esempio, all’età di 10-11 anni, viene mandato in Sicilia a governare la produzione di arance dell’imprenditore di Pedaso. Che ai suoi braccianti, stupiti di essere comandati da un bambino dice: “Non fatelo fesso perché altrimenti sarà lui a far fessi voi!”.

Raccolta di arance in Sicilia

Le vicende di Tilòn

Successivamente Attilio ed Alberto vengono inviati a Varsavia, e poi in Austria, a gestire un negozio di ortofrutta dove vendono agrumi e verdure.

Chiamato al servizio di leva Attilio fa il soldato “lavativo”, ovvero fa di tutto per farsi congedare. Di leva a Chieti ai commilitoni di Fano dice minaccioso: “Ragas stat siti se no vi sbreg tuti”. Si finge sordo ed un po’ tonto e pericoloso. Al poligono di tiro tira schioppettate a caso, in camerata solleva sulla finestra un commilitone leggero come una piuma  minacciando di buttarlo di sotto, si fa sfuggire un carretto giù per una discesa, e si presenta alla visita di controllo sordo, ed incerottato dalla testa ai piedi. Viene esonerato a vita. Il racconto di queste goliardate divertì più volte lui ed il suo caro pubblico composto di  figli e nipoti.

Terminata la prima guerra mondiale Attilio prende in moglie Rosa Magi, una ragazza figlia di ortolani degli Orti Bracci. Nel 1921 nasce una bambina, nel 1923 nasce Sandro, e nel 1926 nasce un altro maschietto. Ma nel 1932 Rosa muore lasciando i suoi tre piccoli orfani di madre.

Attilio immerge il suo dolore nell’azienda che continua a crescere fiorente. E’ spesso all’estero, quando a Pola quando in Germania. Affida così i suoi ragazzi al collegio Sant’Arcangelo.

Gli esportatori sono Attilio e Romeo, mentre Fortunato ed Alberto vendono su piazza nell’ambito regionale.

Abitano, le diverse famiglie, nei pressi della stazione, vicino ai loro magazzini più importanti, ben riconoscibili perchè tinti d’azzurro.

Uno dei magazzini dei Rupoli

I Rupoli a Metaurilia

Sandro è orami ragioniere e frequenta la facoltà di Economia e Commercio, quando la guerra arriva a Fano, che viene occupata dai tedeschi. I ragazzi rimasti in città hanno due sole possibilità: o rispondere alle chiamate di arruolamento, o nascondersi dai rastrellamenti tedeschi. Sandro si nasconde così per un anno in una buca in fondo al magazzino ortofrutticolo di famiglia in viale Piceno. Di giorno scende nella buca ed il padre, prima dell’arrivo degli operai lo chiude con una botola coperta di cassette da imballaggio. La sera, partito l’ultimo operaio, Attilio libera Sandro, che passa la notte a casa, nell’appartamento sopra il magazzino.

Per Sandro, il secondogenito di Attilio, Metaurilia, diviene praticamente la seconda casa. I Metaurili  dopo la guerra infatti, cominciano a conferire i cavoli non più soltanto al Consorzio Agrario, ma anche ai Rupoli.

Sandro raggiunge Metaurilia con 10’ di macchina. I Rupoli furono tra le prime famiglie ad averla, a Fano. Attilio manda Sandro a controllare la cernita dei cavoli. Qualcuno dei Metaurili infatti fa il furbo, tra il 12 e il 18 ogni tanto infilano anche gli “scarti”. A differenza del consorzio agrario i Rupoli comprano i cavoli a peso, e non a pezzo.

Sandro è spesso in Germania. Cura le spedizioni, tratta coi clienti, il tedesco diventa per lui quasi una seconda lingua madre.

A Metaurilia Sandro conosce Adamo Iacucci, del podere n. 26, e ne rimane affascinato. Adamo non solo è il miglior produttore di cavoli di Metaurilia. E’ talmente capace che tutti i Metaurili copiano ogni suo gesto nell’orto. E lui lo sa. Ed ogni tanto ci si diverte. Va nell’orto e fa il gesto di seminare, ma senza semi. E tutti giù a seminare. E’ anche un uomo dalla genialità incredibile. Osservando la macchina calibratrice che Rupoli utilizza nel suo magazzino di Metaurilia, comprata da un produttore di Verona, Adamo e Sandro commentano che i pomodori vengono troppo sbatacchiati girando sulla ruota e urtando da una sponda all’altra della macchina. Il prodotto deve poi essere venduto velocemente, perché altrimenti quei bozzi dopo alcuni giorni si scuriscono rendendo il prodotto da buttare. Adamo allora si chiede: “Se facen na rete sa i bug che score, che i pomodori c’han da pasà?”.

Da questa intuizione di Adamo Iacucci nasce la macchina calibratrice ancor oggi prodotta in zona  ed esportata in tutto il mondo. E per Sandro Rupoli viene staccata la fattura n.1.

Carico di cavolfiori in gabbiolini su un treno merci,  stazione di Fano