Il politico locale più influente

L’onorevole pesarese Raffaello RICCARDI

Squadrista violento

Raffaello Riccardi, di estrazione umile,  nasce per ironia della sorte a Mosca da madre russa e padre marchigiano, un pittore edile emigrato in cerca di lavoro. Dopo pochi anni segue il padre in Francia e poi in Belgio, dove questi muore, lasciandolo solo ancora bambino. Torna allora in Italia, dove viene accolto, prima a Roma e poi a Senigallia, dalla famiglia paterna, passando poi gli anni dell’adolescenza in collegio.
Interventista, dopo il congedo militare, nel 1920 è tra i fondatori del fascio di combattimento di Pesaro e, con la creazione del Partito nazionale fascista  viene nominato, ancora giovanissimo, segretario della federazione provinciale. Riccardi risulta tra i più violenti squadristi della provincia. Nel 1922 viene incarcerato per aver sparato contro i socialisti durante una spedizione punitiva a Cagli. Tornato in libertà, riprende a condurre azioni squadriste. Per vendicare l’uccisione di due fascisti guida una durissima spedizione punitiva a Fossombrone che culmina con l’uccisione del comunista Giuseppe Valenti, del quale aveva pubblicamente decretato la condanna a morte. Per sfuggire all’arresto per omicidio volontario si trasferisce a Roma e poi a Caltanissetta, con un incarico nel sindacato fascista e con l’identità fittizia di Amedeo Rari. Partecipa  alla marcia su Roma e poi torna nelle Marche. Condannato per l’assassinio di Valenti, non sconta la pena grazie all’amnistia promulgata dal governo Mussolini e può così riprendere la guida della federazione pesarese del Partito, che detiene fino al 1928. Nel 1923, durante le elezioni amministrative, è il consigliere provinciale che ottiene il maggior numero di voti divenendo, a soli 24 anni, Presidente del Consiglio Provinciale.

Nel 1939  pubblicherà su invito dello stesso Mussolini il libro “Pagine squadriste , in cui ripercorre gli anni al comando dello squadrismo fascista pesarese e marchigiano, senza tacere sui più controversi episodi di violenza, che anzi rievocherà con un certo compiacimento.

(fonte: Dizionario Biografico Treccani)

Giornalista asservito ed autoreferenziale

Nel dicembre 1921 Raffaello Riccardi fonda il giornale “L’Ora”, organo provinciale dei fasci di combattimento.
Nel 1924 viene eletto deputato e lo sarà fino alla fine del fascismo. Nel 1928 Raffaello Riccardi viene chiamato a ricoprire la carica di sottosegretario alle Comunicazioni. Dal 1929 al 1933 sarà nominato sottosegretario al Ministero dell’aeronautica guidato da Italo Balbo. Vi resterà fino al 5 novembre del 1933. Questo suo ruolo, ed il suo curriculum di squadrista, hanno certamente favorito l’interessamento di Mussolini verso il potenziamento dell’Aeroporto di Fano.

I rapporti di Riccardi coi liberali compagni di schieramento in questa prima legislatura liberalfascista sono piuttosto conflittuali, in virtù del suo temperamento focoso e della profonda distanza”sociale” rispetto ai politici liberali nostrani. Il prefetto Cottalasso, in una relazione sulla situazione politica nella provincia il 10 maggio 1923, all’indomani delle elezioni, così lo descrive. “Giovane di ingegno vivace, buon parlatore e ottimo organizzatore egli gode ascendente ed autorità nell’elemento fascista della Provincia per quanto non manchino tendenze discordi e non manchi chi trovi l’azione del Riccardi troppo impulsiva e troppo personalmente autoritaria, e desideri un più intimo e fraterno affiatamento di mutuo consenso e di reciproca condiscendenza. […].

Un altro rapporto dello stesso prefetto del mese successivo, presenta al Ministero il problema dei rapporti tra il Riccardi e l’avv. Sergio Rossi, sindaco fascista di Fano, dimessosi per protesta per una infelice presa di posizione del Riccardi: i rapporti tra i due erano tesissimi. Ostilità ed insofferenza è mostrata anche nei confronti di altri esponenti liberali della provincia, in particolare nei riguardi dell’avv. Alessandro Mariotti, agrario fanese di destra, eletto al Parlamento nelle elezioni del 1921, che presenta formale reclamo al Ministero, il 16 giugno, per aver ricevuto una palese diffida dal segretario provinciale di partecipare a dimostrazioni e cerimonie patriottiche a cui era invitato. Gli interventi del prefetto e del Ministero, sconcertati per tale comportamento, misero a tacere i dissapori.

Influente onorevole

Dalla fine degli anni Venti, Riccardi diviene un influente dirigente politico nazionale, sebbene non di primissimo piano. Riccardi ricopre in un primo tempo le cariche di presidente della Federazione pugilistica italiana e della società sportiva Lazio.
Intorno alla metà degli anni Trenta ottiene i primi incarichi nell’ambito della politica industriale e commerciale: dal 1935 è presidente dell’Istituto nazionale per le esportazioni e poi del Gruppo italiano armamenti, dell’Istituto nazionale di previdenza e credito delle comunicazioni, della Società nazionale d’Etiopia, della società Linee aeree transcontinentali italiane.

Grazie anche a relazioni sempre più strette con Galeazzo Ciano,  accresce il suo peso politico. A più riprese,  dall’inizio del 1937 e ancora nel 1939, gira la voce che Riccardi, sostenuto proprio da Ciano, potrebbe sostituire Achille Starace alla guida del PNF. Nell’ottobre del 1939 è comunque nominato ministro per gli Scambi e le valute.
Nel corso del 1940, Riccardi, in accordo con Mussolini si sposta progressivamente su posizioni filotedesche e interventiste. Nello stesso anno sigla così un importante accordo commerciale con il ministro tedesco dell’economia, Walter Funk, con il quale i rapporti erano tesi nel biennio precedente, e ripristina condizioni di favore per le esportazioni verso la Germania.
Parallelamente, però, si intensificano le accuse di malversazione, già rivoltegli in anni precedenti. Voci ricorrenti, alimentate dagli acquisti di grandi proprietà immobiliari, si appuntano in particolare sugli affari di alcune società e cooperative pesaresi da lui protette e sulla vendita – in contrabbando – di permessi di importazione ed esportazione. Riccardi lascia però intendere che le accuse sono la reazione ai suoi tentativi di ostacolare i traffici illeciti con l’estero dei familiari di Claretta Petacci e di altre personalità di primo piano del regime.
Nel 1942 è insignito dall’Università di Urbino di una laurea honoris causa in giurisprudenza. Nel febbraio del 1943 è sostituito al ministero per gli Scambi e le valute con Oreste Bonomi. Dopo il 25 luglio viene arrestato e condotto nel carcere romano di Regina Coeli. In settembre, dopo la proclamazione dell’armistizio, viene liberato dai tedeschi e portato a Monaco, insieme ad altri gerarchi. Aderisce alla Repubblica sociale italiana, senza però ricoprire incarichi ufficiali.

Riccardi e Metaurilia

E’ così che Riccardi, nella sua doppia veste di “giornalista” ed onorevole segue tutte le vicende che portano alla nascita ed al “successo” di Metaurilia. L’Ora prepara il terreno a Metaurilia dedicando diversi numeri alla casa rurale, alle bonifiche agrarie, alla necessità del ritorno alla terra per contrastare l’urbanesimo e via così. Riccardi ne percorre ogni passo, e non manca mai di sottolineare la sua presenza nelle varie occasioni ed inaugurazioni. Con il tono pomposo ed abbagliante della propaganda fascista scrive di Metaurilia ed inganna più volte il lettore: dirà di Metaurilia che nasce per ruralizzare i cittadini, in particolare quelli degli insani Piattelletti. Ma non scriverà mai che da questo punto di vista Metaurilia fu un grande flop: nella nuova Borgata si trasferirono per lo più famiglie contadine, e nessuna proveniente dalla città murata. Metaurilia nascerà in riva sinistra: ma quando bruscamente il progetto vira a destra del fiume, l’Ora è silente ed omertosa. Metaurilia è un’opera di bonifica, terre incolte strappate all’incuria che diventano fertili e produttive: ma l’Ora non dice che non è stata mai fatta dal Regime alcuna opera di bonifica idraulica, nè racconta degli orti sommersi dall’acqua già a novembre del 1939.

Epilogo

Nel 1947 viene processato per la sua attività squadristica antecedente la marcia su Roma. Rigetta le accuse, sostenendo, tra l’altro, che nel suo “Pagine squadriste” aveva ricostruito i fatti in modo fantasioso e romanzato. Assolto per insufficienza di prove, si ritira a vita privata, vivendo tra la Svizzera e l’Italia. Muore a Roma nel 1977.