Un’ampia cucina, 3 camere da letto, e separate, stalletta e latrina

Un’abitazione igienica e morale

LA CASA COLONICA

«La casa del colono di Metaurilia, dovendo rispondere alle esigenze dell’igiene e della moralità della famiglia, risulta di cinque ambienti principali. Una cucina centrale di sufficiente capacità, essendo questo il luogo di riunione famigliare. Tre camere da ‘letto rese libere dalla cucina; una matrimoniale, una per i figli maschi ed una per le femmine. Una indispensabile stalletta capace di due capi. L’economia di queste piccole aziende non può prescindere dal reddito di una vaccina da latte oppure da allevamento, nè può fare a meno del concime organico che così si produce e che solo limitatamente è reperibile fuori dell’azienda. L’ingresso posteriore della casa, quello della piccola stalla e dei locali accessori, sono riparati dalle intemperie da una tettoia che rende possibile anche il ricovero degli attrezzi e dei prodotti.»(Augusto Del Vecchio, Podestà, 1936)

Plastico della casetta a padiglione n. 80, realizzato da Alberto Tallevi

Occhio alle finiture

Le casette 95 e 102 di Tombaccia ci permettono di osservare da vicino le finiture di ciascuna: dalle tegole marsigliesi a doppia cola, alla tinta azzurro indaco degli ambienti interni, dai semplici pavimenti in cotto agli infissi ad assi verticali all’esterno, ed orizzontali all’interno, dal tetto fatto di tradizionali travi e pianelle, al soffitto in cannucciato.

All’esterno inoltre ciascuna casetta aveva indicato il proprio numero in cemento ed aveva due ganci quale portabandiera. La bandiera infatti andava obbligatoriamente esposta durante le attività del “sabato fascista”.

Igienica e soprattutto, morale!

Quelle piccole casette da 60 mq apparvero come regge, a quei braccianti-ortolani che cominciarono ad abitarle.

Fino a quel momento nessuno di loro aveva mai avuto una casa. Si appoggiavano, con moglie e figli, in uno stanzone messo a disposizione dai possidenti o dai mezzadri presso i quali lavoravano. Quello stanzone era contemporaneamente camera da letto, cucina e “bagno”, ed a volte anche stalla. Il bagno si intende in senso letterale: in questo unico stanzone si faceva il bagno dentro una tinozza posta vicino al camino per non morire di freddo. Per bisogni d’altro tipo c’era il pitale di notte, ed il pieno campo di giorno. Altrimenti la stalla. Genitori e figli dormivano tutti insieme in questo unico ambiente, ed a volte in un unico letto.

La “reggia” di Metaurilia aveva invece una particolare attenzione all’igiene: le camere da letto e la cucina erano stanze separate dagli altri ambienti. La casa era dotata di stalletta e latrina adiacenti alla casa ma accessibili solo dall’esterno.

Era inoltre un’abitazione “morale”, in quanto la famiglia poteva dividersi di notte in tre camere da letto: una per i genitori, una per i figli maschi, una per le figlie femmine.

La casa era inoltre dotata dell’ultimo ritrovato tecnologico, la luce elettrica, allora assente nei casolari di campagna.

Per l’acqua potabile bisognava invece raggiungere una delle 4 fonti sulla Statale Adriatica, o l’unica sulla Provinciale della Tombaccia, camminando anche per qualche centinaio di metri. Ma siccome ogni due case c’era un pozzo irriguo con un pescaggio a 3 metri, si riempivano gli orci per casa direttamente al pozzo. E pazienza se non era acqua di falda profonda!

Per scaldare la casa la solita “rola” in cucina. Peccato che i Metaurili non avevano legna per alimentarla. Finchè ce ne erano, si usavano i “gambul” dei cavolfiori, fatti seccare. Dopodichè si andava a far legna lungo il fiume, o la si barattava con qualche lavoretto presso i mezzadri.

I numeri del lotto!

A Metaurilia furono costruite 115 casette.

Il primo lotto (1934-1935), è costituito di 51 casette situate lungo la Statale Adriatica nella parte centrale della Borgata. La costruzione di ciascuna casetta richiese una spesa di 13.100 lire.

Il secondo lotto (1936-1937) è costituito di 18 casette lungo la Provinciale della Tombaccia, detta Metaurilia Seconda, di alcuni interventi puntuali lungo l’Adriatica e della ristrutturazione di alcune coloniche preesistenti (9 unità abitative) Ciascuna nuova casetta richiese una spesa di 18.200 lire.

Il III lotto (1937-1938)  è costituito di 16 casette lungo la Statale lato mare alle estremità del I lotto: le prime 7 case direzione Fano, e le ultime 8 case direzione Torrette. La sedicesima casetta (orto 24) fu costruita per i titolari dell’alimentari posto la centro della Borgata. Queste ultime casette costarono 19.200 lire ciascuna.

Un’impresa non comune!

L’appalto del primo lotto fu vinto dalla impresa edile Gino Pedini cui dobbiamo le casette a padiglione e molte altre, nonchè la Chiesa della Borgata. Successivamente ciascun lotto di case fu suddiviso in appalti di 5-10 case per poter coinvolgere il maggior numero di imprese locali. Questo l’elenco esaustivo:

  • imprese edili – Pedini Gino, Matteini Ulderico, Cooperativa Muratori (Cuccurano), Nuti Matteo, Urbinati Nazzareno (Pesaro), Semprini Giovanni, Coop. Metauro, Pierbattisti Ubaldo, Polidori Ermete, Coop. Battisti, Londei Cesare;
  • vetri – Isotti Filippo, Carcioli Guglielmo, Giuliani Alberto, Farabini Giulio, Berardi Enzo, Gaggiotti Raimondo, Farabini Federico;
  • impianti elettrici – Fratelli Cecchini, Coop. Matteo Nuti;
  • impianti irrigui – Coop. Matteo Nuti, Fratelli Piccoli, Società U.E.E.;
  • pozzi – Fratelli Piccoli;
  • tinteggiature – Farabini Federico;
  • impianti di illuminazione – Pozzi Virginio.

Durante i lavori del primo lotto, durati circa 9 mesi, lavorarono mediamente 160 operai al giorno.