Orto n. 75

Famiglia Gramolini

AUGUSTO, IL MAGO DELL’INNESTO

PRIMA DELL’ARRIVO A METAURILIA

Gramolini Augusto (classe 1905) era figlio di Giosuè, detto “el bel de Gramulin”, scansafatiche tanto quanto era bello. Abitavano a San Costanzo.

Augusto, sin dai 14 anni comincia a fare lavori di fatica, per collaborare al sostentamento della famiglia. E’ un ragazzo responsabile, a differenza di suo padre, molto devoto e cristiano. Mai fascista. Un giorno che portava un garofano rosso sul taschino fu quasi arrestato. Aveva fatto solo la terza elementare, ma nel periodo di leva, carabiniere in Iugoslavia, dove prese anche tifo e pleurite, cominciò ad appassionarsi alla lettura.  Gran lavoratore quindi, ma anche grande lettore.

Tornato da militare sposa Elvira (classe 1909) e  ed i due ragazzi con Giosuè e famiglia si trasferiscono in un casolare nei pressi della strada Ponte Alto verso Torrette, in qualità di mezzadri. Ma a causa di problemi familiari di diverso genere perdono la casa e sono costretti ad allontanarsi. Augusto ed Elvira, con la figlioletta si trasferiscono a Caminate in qualità di braccianti, cui vengono assegnati i compiti più gravosi , in una casa ed in una vita assai povera e dura.

ERA UNA CASA MOLTO CARINA…

La casetta era intonacata di giallino, gli infissi erano azzurri, ma la bora entrava lo stesso. All’ingresso era dipinto in calce il numero 9, e sul camino, sopra il tetto, c’era il simbolo del fascio in rilievo. Finita la guerra, ci fu un corri corri generale a strappare e cancellare quel simbolo da tutti i camini. I materassi erano fatti di granturco e Paolo da piccolino dormiva in camera con la sorella Norma. Si cucinava oltre che sul camino, anche sui fornelli a carbone, nella capanna. Solo negli anni ’50 subentrò la cucina economica.

I PRIMI TEMPI A METAURILIA

Augusto Gramolini con la moglie Elvira ed i figli Norma e Paolo

Augusto viene a sapere della costruzione delle casette a Metaurilia non lontano da  dove già hanno vissuto come mezzadri, e partecipa al bando. Giudicato ottimo lavoratore, gli viene assegnata la casetta n. 9 del primo lotto di case.
Augusto mette subito a frutto la terra come richiesto, cavoli, pomodori e grano, ma estende la produzione anche ad una vigna, che viene impiantata davanti alla casa, e ad una cinquantina di piante da frutto, sotto lo sguardo vigile e severo del perito agrario Augusto Landini, preposto dal Comune alla sorveglianza delle produzioni della borgata.

Augusto era rinomato per le sue abilità nell’innesto a zeppa e ad occhio. Vicino al pozzo aveva innestato una pianta che divenne ben presto l’orgoglio di Augusto e lo stupore del vicinato: un albicocco che da un ramo produceva albicocche, e dall’altra susine.
Augusto non aveva la barca come altri Metaurili, ma in occasione della tratta, a fine settembre, andava ad aiutare per poi tornare a casa con una cesta carica di sardoncini ed aguselli.

Un paio d’anni dopo il loro arrivo a Metaurilia Elvira partorisce Paolo, il 23 novembre 1937, in una notte di neve e di terremoto, secondo i racconti materni. Si fa grande festa nel vicinato per l’arrivo del nuovo nato. Allora, i primi anni di Metaurilia, i coloni erano estremamente solidali ed uniti, ogni nascita o matrimonio era occasione per gioire e far festa insieme. Ogni malattia, lutto o difficoltà erano occasione per farsi vicini e portare aiuto.

Il 13 ottobre del 1936 il duce visita i Giommi, i “Marsòn” ed altri nelle casette di fronte. Elvira attraversa la strada curiosa ed il Duce le suggerisce  di non bere l’acqua dai pozzi degli orti ma piuttosto quella dalla fontana sulla strada, che l’acqua è più buona.

TEMPO DI GUERRA

L’11 giugno 1940, la radio dà l’annuncio: “L’Italia è in guerra”. Paolo, che allora aveva tre anni,  ricorda ancora con lo sgomento del bimbo di allora, il lungo pianto cui il padre si abbandonò quel giorno.
Durante la guerra Augusto è  prima di stanza ad Ancona e poi viene inviato in Iugoslavia. Elvira le escogita tutte per chiederlo in licenza, ma anche si rimbocca le maniche, e con l’aiuto di una “serva” tira avanti figli, orto, animali e terra per tutto il periodo di assenza del marito. Ogni tanto
chiama Antonino Palazzi, un ragazzo della famiglia di fronte, i Marsòn (orto 43), che hanno il “carriolo” a 4 ruote, perché trasporti i quintali di ortaggi al magazzino del consorzio, di fronte alla chiesa.
Paolo, piccolo monello di 6 anni, gioca spesso battendo sui pali del telegrafo, che corrono paralleli alla Statale nel campo di famiglia. Quel battito si propaga a perdita d’occhio e Paolo immagina così di comunicare col suo babbo soldato in Ancona. La sera i bambini aiutano la mamma a macinare il grano coi macinini di legno, per avere la farina necessaria al giorno successivo. Per fortuna la famiglia ha uno zio che pratica il mercato nero ed un bel giorno porta a casa un bel prosciutto.
Augusto torna ogni tanto  in licenza da Ancona su di un grosso camion frigo bianco con la scritta “Fratelli Renzi”, che frequentemente percorre la statale dal capoluogo verso nord. Paolo ricorda con tenerezza  la gioia di quei tanto attesi ritorni.
Il periodo in Iugoslavia fu invece durissimo per Augusto: fu assegnato al trasporto in barca dei condannati a morte e pregava tutti i giorni di essere liberato da un tale strazio.
Dopo l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, Augusto è costretto a scappare clandestinamente dalla Iugoslavia per non trovarsi a tiro dei tedeschi. Fa ritorno a casa e per diverso tempo deve nascondersi, per non essere fatto prigioniero dai tedeschi in quanto disertore. Quando qualche soldato chiede al piccolo Paolo, ben istruito, dove sia il babbo, se ha dormito a casa, lui ha imparato a tacere con tutto il candore dei suoi 6 anni!

LO SFOLLAMENTO A MONDOLFO

La “Dama Bianca” tata dei bimbi sfollati a Mondolfo, con Fausto Coppi

Presto cominciano i bombardamenti: la casa dei Gramolini si trova a 3 km dal ponte Metauro, che in un anno, dall’Armistizio (8 settembre 1943) alla Liberazione (il 27 agosto 1944), fu bombardato 164 volte.
I primi tempi la famigliola si rifugia in una “tana” ricavata in un anfratto di vegetazione sopra il greppo. Le incursioni aeree alimentano la fantasia, e la paura dei bambini. Il piccolo Paolo prende due stecchi di legno, li incrocia e li fa volare gridando “Fortezze volanti americaneeee”, come sentiva su Radio Londra, dagli Urbinati, i vicini dell’orto 76.
Paolo ricorda ancora il fuoco dei bengala che gli Alleati lanciavano nei loro giri notturni di ricognizione, ma che facevano tremare lui ed  il suo amichetto vicino di casa Giuseppe Domenichelli, temendo fossero bombe incendiarie.

Successivamente Augusto realizza un rifugio “faidate” scavando in terra una buca e mettendoci i cerchi di cemento che si utilizzano per fare i pozzi, a formare un piccolo tunnel all’interno del quale si rifugia la famiglia, avendo l’accortezza di mantenere liberi ingresso ed uscita.
Ad un certo punto la situazione si fa non più tollerabile: la paura, per non dire il terrore non trovano tregua e la famiglia si trasferisce per un periodo alla Madonna delle Grotte di Mondolfo, dove una zia vive e  custodisce il santuario. Ma dopo il mitragliamento della montagnola davanti alla chiesa, la famiglia scappa ancora una volta, rifugiandosi a Mondolfo presso la grotta di Silvestrin che dà ospitalità ad altri rifugiati. La grotta è divisa in due parti: su una metà stanno le persone, nell’altra si va a fare i bisogni. Capita in sorte di avere per compagnia in quella angusta grotta la famiglia della futura “Dama Bianca”, Giulia Oppini. La sua mamma era una bella donna con diversi figli avuti da uomini diversi. Giulia, protagonista dei rotocalchi di dieci anni dopo,  allora ventenne, era una simpatica “tata” che faceva divertire i bambini realizzando deliziosi aeroplanini di carta colorata.

Dalla grotta di Mondolfo le famiglie  assisteranno impotenti e spaventate  al bombardamento della Stacciola, che allora era un quartier generale tedesco, rasa al suolo in due ore ininterrotte di fuoco.

SI RICOMINCIA

Gli Alleati Polacchi

Finita la guerra la famigliola torna a Metaurilia e riprendono i lavori nell’orto. In un terreno nelle vicinanze sono di stanza gli alleati, uomini di diverse nazionalità, ma prevalentemente polacchi. Che parlavano  in un italiano stenterello : “ieri stati Roma, visto “papà” .

Elvira si trova un giorno faccia a faccia con un nero che voleva a tutti i costi prendersi la gallina cui stava accudendo, l’unica sopravvissuta al conflitto. Esasperata dall’insistenza dell’americano, lo caccia via sguainando la vanga.

Terminata la guerra i prodotti dell’orto vengono acquistati da Rupoli.  Augusto Gramolini, fu uno dei soci fondatori della Cooperativa, dopo aver detto senza peli sulla lingua a Rupoli che pagava troppo poco, che tirava i soldi nel soffitto e a loro lasciava solo quelli che ci rimanevano attaccati.

Don Paolo Gramolini nel 1964, poco dopo l’ordinazione sacerdotale

PAOLO, IL DON  DI METAURILIA

Don Paolo Gramolini dà la Comunione al babbo Augusto

Paolo comincia la scuola elementare nel 1945, in ritardo a causa dei bombardamenti e dello sfollamento. L’edificio si trova a Torrette, dove si va tutti i giorni a piedi, percorrendo la Statale Adriatica. La strada è affiancata da un fossato, ed è punteggiata di pini. Paolo ricorda un giorno che andando a scuola tirava un tale vento di bora che i bambini cominciarono a camminare nel fosso, per non essere trascinati via dalla furia del vento. A piedi, in direzione opposta, si andava anche al catechismo. La Statale allora era percorsa da pochissimi mezzi. Paolo ricorda con tenerezza una sera in cui tornava col suo papà dopo la messa natalizia di mezzanotte a Torrette, ed il babbo gli descriveva ogni costellazione.

Il 18 aprile 1948, giorno delle elezioni politiche, la sorella di Paolo sogna che le avevano rubato la bicicletta e si sveglia di soprassalto. L’episodio fa tanto ridere Paolo, perché la bicicletta, per paura dei furti, la tengono proprio in camera con loro.

Augusto spesso legge ai suoi due figlioletti libri di religione (la Madonna di Fatima, la Via Crucis), ma anche sonetti e poesie in vernacolo: conosce tutto Pasqualon a memoria . Augusto incoraggia Paolo a leggere il giornale già in prima elementare.

Paolo così si appassiona allo studio e, terminata la quinta elementare, si prepara privatamente con la professoressa Danieli all’esame di ammissione alla scuola media presso il seminario diocesano, in via Vitruvio. Successivamente frequenta il Liceo presso il Seminario Regionale, in via Roma. Si specializza successivamente in grafologia ed ha dal Vescovo l’incarico di insegnare Religione nelle scuole. I primi anni di sacerdozio vive a Fano, presso la chiesa di Sant’Antonio dove è vice parroco. Dal 1965 al 1972 i genitori si trasferiscono presso di lui perché bisognosi di cure. Quindi il vescovo Costanzo Micci, succeduto a Del Signore, assegna a don Paolo la neonata parrocchia di Metaurilia, in quanto, non essendoci presso la chiesa un casa per il prete,  lui è l’uni co che può abitarci avendoci una casa in proprietà. E’ sarà così l’unico parroco di Metaurilia, la cui parrocchia nasce con lui nel 1968 e viene poi accorpata a Torrette nel 1986 dopo che lui la lascia nel 1984 per l’incarico affidatogli dal vescovo Micci di Direttore del Consultorio Familiare Diocesano.