Orto n. 97

Famiglia Falcioni

GEREMIA, UN UOMO IN GAMBA

PRIMA DELL’ARRIVO A METAURILIA

Alipio è nato nel 1871 e vive alla Colonna in un fondo di proprietà. E’ sposato con Virginia Carboni di 16 anni più giovane. Sono detti “Sgarzin”, ma l’origine del soprannome si perde nella notte dei tempi: certamente un antenato impagliava le “sgarze” delle sedie, ma nessuno si ricorda chi. Tra il 1907 ed il 1932 mettono al mondo 7 figli, tre maschi Geremia, Arturo e Oddo e 4 femmine, Ada, Eleonora detta Nora, Cesarina ed Amelia. Amelia nasce nel 1932 un pò a sorpresa, quando Virginia ha già 45 anni ed Alipio 61. Sono già nonni. Le figlie più grandi infatti, Ada e Cesarina, sono sposate con due ragazzi vicini di casa.
Nella seconda metà degli anni Trenta vengono espropriati a causa dell’Ampliamento dell’Aeroporto. Quando il Comune paga l’esproprio è il 1937. Ma il ristoro è ridicolo: «con quei soldi non ci si compra neanche una bicicletta» è il commento stizzito di Alipio. Il Comune propone loro quindi un orto a Metaurilia. Si è appena conclusa la realizzazione della Metaurilia Seconda, sull’Orcianese. Alipio, come altre famiglie nella sua situazione accetta. Gli vengono assegnati due orti indivisi, il 96 ed il 97, uno per il figlio maschio maggiore Geremia che si è appena sposato con Edvige , l’altro per lui e gli altri figli. Ma non gli viene assegnata la classica casetta da 60 mq, bensì una vecchia casa colonica risistemata, in cui vivono tutti insieme, condividendo casa, lavoro e terra. A Metaurilia vengon detti “Sgarzin da Alt”, per non confonderli con i Giommi dell’orto 94, gli “Sgarzin da Bas”. Anche la figlia Ada ed il marito Enrico Sanchioni sono stati espropriati dalla Colonna ed hanno ottenuto in cambio un orto alla Metaurilia Seconda, il 109

Geremia ed Edvige dietro la nuova casa di Metaurilia.

I PRIMI TEMPI A METAURILIA

1943 circa. Edvige con i figli Gianna ed Ezio

Virginia, appena messo piede a Metaurilia accoglie la nuora Edvige, sposa novella come si conviene: per l’occasione prepara 1 kg di olive marinate. La coppia “battezza” la nuova casa con la nascita prematura della piccola Gianna, che viene messa com’è usanza in questi casi dentro una scatola di scarpe come culla-incubatrice, attorniata di bottiglie piene di acqua calda avvolte nei teli. Edvige a tempo perso fa qualche lavoretto da sarta: i suoi piccoli guadagni vengono condivisi in famiglia e sono accolti dagli uomini di casa come una manna dal cielo per togliersi qualche piccolo sfizio. La casa è grande e la terra è tanta, Alipio ha ormai un’età (67 anni) ma i ragazzi sono 3, sono giovani e forti: Geremia ha 25 anni , Arturo 23, Oddo 16.
Nel 1940 scoppia la guerra e nel 1942 Oddo viene chiamato al fronte. In quello stesso anno nasce Ezio, il secondogenito di Geremia ed Edvige e si sposa Arturo con Celestina Mei. L’anno successivo arriva il loro primogenito Corrado. Poco dopo l’Armistizio Fano viene occupata dai tedeschi e a novembre le bombe inglesi mirano senza tregua i ponti sul Metauro. I Falcioni sfollano quindi un poco più in su verso Caminate, dai Tarini. Vicino ai Tarini c’è un rifugio sotterraneo vicino alla stalla dove tengono delle mucche da latte per produrre formaggi. Ogni tanto arrivano pattuglie tedesche a caccia di uomini e di cibo. E’ quindi tutto un nascondersi, uomini e mucche per salvare il salvabile.

UN UOMO IN GAMBA

Un giorno Edvige esce di casa per cercare dello zucchero per i bambini. Di ritorno posa sul tavolo il poco zucchero trovato quando si scatenano le bombe inglesi ed una serie di schegge spazza via tutto quello che c’è in cucina, zucchero compreso.
Intanto, nell’intento di ostacolare il Fronte i tedeschi minano tutti i percorsi nei pressi del fiume e dei suoi guadi più agevoli. Nell’agosto del 1944 Fano viene finalmente liberata ed i Falcioni tornano a casa.
Di Oddo intanto non si sa ancora nulla. Quando riappare è irriconoscibile. La guerra e la prigionia lo hanno sconvolto. Non riesce a parlarne. L’unica cosa che riesce a dire è che per non morire di fame si era ridotto a mangiare le bucce di patate buttate nello stabbio.
Un giorno Geremia assieme al cognato Carlo vuole andare a Fano, nei pressi del Campo d’Aviazione, forse a trovare la sorella Cesarina, forse a cercare prezioso materiale metallico tra le macerie della caserma dell’aviazione bombardata. C’è un facile guado, un percorso fatto tante volte all’altezza della casa dei Tarini. Geremia sa che il terreno è stato minato dai tedeschi in fuga e segue il sentiero che a detta di tutti è il più sicuro. Ma la fortuna non è dalla sua parte. Geremia incappa in una mina che gli squarcia la gamba destra. Con la forza della disperazione si leva la cinta dei pantaloni e se la stringe alla coscia per evitare che l’emoraggia si porti via oltre la gamba anche la vita. Viene immediatamente soccorso dal cognato che lo carica sul carretto e lo porta in ospedale, dove gli viene amputata la gamba e salvata la vita.
Geremia ha trentadue anni, è un uomo forte dalla bella tempra: i cavoli nel campo lo aspettano e lui trova comunque un modo, strisciando per terra prima, seduto sul carretto poi, per trascinarsi da una fila all’altra e provvedere assieme a tutta la famiglia ai bisogni dell’orto. Anche i figlioletti Gianna ed Ezio danno una mano nell’orto: Ezio che è più piccolo ed esile tiene il “scion” da cima ed annaffia, Gianna che è più grandicella trascina il tubo e lo riavvolge al bisogno, per favorire il fratello. I due bambini frequentano le elementari a Ponte Metauro. Raggiungono la scuola in bicicletta e la lasciano al sicuro nel giardino della zia Nora, che vive col marito proprio di fianco alla scuola.

I BIMBI DEL “PONT”

Ezio non ama molto andare a scuola. L’esame di terza elementare non va benissimo ma la maestra congeda lui ed il cugino Corrado dell’orto 96 (suo compagno di classe) dicendo che è andato tutto bene. I bambini vanno dalla zia Nora a riprendere la bicicletta, quando la maestra esce dal portone e li richiama: “Nit machì, en sit pasati!”. I due ragazzi confusi ed infuriati vanno a casa a raccontare “sta barseleta», prima si e poi no. Quando rientrano a scuola il primo di ottobre, non sanno ancora se andranno in quarta o ripeteranno la terza. Quando arriva la sentenza è di quelle peggiori: Ezio e Corrado ripeteranno la terza, ed odieranno la scuola per sempre.
Luogo di gran divertimento per i bambini è il fiume tanto vicino a casa ed accessibile. Divertentissimo fare il bagno, e dissetarsi: l’acqua è così fresca e cristallina.

1950 circa. Geremia, Edvige e Gianna con Ezio in occasione della sua Prima Comunione

LA SVOLTA

Nel 1952 nasce il negozio e nel 1953 si amplia la casa.

A seguito dell’incidente la famiglia decide di dividere definitivamente orto e casa: 2/3 della casa e dell’orto ad Alipio con i figli Arturo ed Oddo, ed 1/3 a Geremia. Lo scopo è quello di dare mano libera a Geremia ed Edvige di avviare attività integrative all’orto cui Geremia possa dedicarsi con più agio. Quindi Geremia chiede al Comune nel febbraio del 1946 di adibire la capanna rimasta a lui ad abitazione, e destinare la porzione di colonica a lui spettante a magazzino da affittare alla Cooperativa degli Ortolani di Metaurilia.
Tra tutti i beni oggetto della divisione c’è anche la Lola, la fedele e tenace somara di famiglia, adibita ai lavori più pesanti: nei tempi di raccolta dei cavoli è lei che fa su e giù nel campo col carretto carico. Se ciascuno la utilizza al bisogno, viene però affidata per l’alimentazione e le cure un mese a ciascuno. E’ così che alla Metaurilia Seconda si fa la battuta quando magari un anziano passa del tempo prima con un figlio poi con un altro: “E chi è, la somara de Sgarzin?”.
Dopo qualche tempo dal suo ritorno Oddo sposa Anita Uguccioni e nel 1950 nasce Luciano. Oddo ha una mucca da latte per i bisogni della famiglia e per la vendita. Il latte appena munto viene conservato fresco in un contenitore calato dentro al pozzo.
Nel 1952, all’età di 65 anni muore Virginia. Alipio ha ormai 81 anni, è senza denti e per riuscire a masticare il pane lo ammorbidisce «pucciandolo» nel vino.
Edvige intanto è in pena per il marito così impedito fisicamente. Gli propone di avviare una piccola attività di alimentari nella capanna. Dopo qualche titubanza «i conti bisogna saperli fare bene, si lavora di bilancino, è un attimo sbagliare» l’attività prende il via.

L’ALIMENTARI DELLA METAURILIA SECONDA

Dopo un paio d’anni il magazzino dei cavoli viene dismesso e la Cooperativa costruisce un nuovo magazzino più giù verso il Ponte. La casa viene quindi risistemata e data in affitto ad una famiglia che si prende cura dell’orto e si fa a metà dei proventi del raccolto.
Nel 1956 una neve fuori dalla norma imbianca l’intera penisola ed il 3 febbraio si porta via Alipio all’età di 85 anni. Al corteo funebre i familiari devono stringersi l’uno all’altro per non essere trascinati via dalla bora furiosa che tira sul Ponte Metauro.
Nel 1960 oltre all’alimentari viene anche avviata un’attività di “spaccio»: sali, tabacchi, pietrine focaie, tubetti e cartine per sigarette, così recita la licenza per generi di monopolio che ottengono. Queste due attività consentono a Geremia di entrare in contatto con tante persone ed ha l’opportunità di fare da mediatore nelle compravendite, dai cavolfiori ai terreni.
Acquista anche una Belvedere, una sorta di “station wagon” dell’epoca, modificata appositamente perchè lui possa guidarla, malgrado la gamba di legno.

Per i Falcioni cavolfiori e pomodori sono ormai soltanto un buon prodotto da banco.

1974 circa. Francesca, figlia di Ezio, davanti al negozio appoggiata alla Bianchina