Orto n. 94

Famiglia Giommi (Sgarzìn da Pied)

ETTORE E GIULIO, GLI ORTOLANI MUSICISTI

L’intera famiglia. Da sinistra a destra: seduti al tavolo Ettore (Turin), Giulio ed Oreste. In piedi: Maria, Siria, un amico, Lidia, Lavinia e Ida (Peppa) Giommi

PRIMA DELL’ARRIVO A METAURILIA

Nella casetta 94 arrivarono due famiglie provenienti dagli orti Garibaldi, in convivenza. Quella di Oreste, classe 1890, e quella di suo fratello Ettore, detto Turìn, classe 1900. Un terzo fratello, Guerrino, coi figli Guido ed Udino, ebbe invece la casetta di fronte, la numero 115.

Oreste era emigrato nel 1912, a 22 anni nel Nord America, a Buffalo, dove faceva il muratore. Era così freddo che raccontava  che una volta un amico gli strofinò il naso con la neve, per evitare che congelasse!
I 3 fratelli facevano parte di una numerosa famiglia di ortolani della Sassonia. Oreste, il più grande, era sposato con Ida, detta Peppa, che proveniva da via Fanella, ed avevano due figli: Giulio del 1923 e Lidia del 1928. Ettore, il più giovane, era sposato con Lavinia, che proveniva da via del Ponte, ed avevano due figlie: Maria del 1930 e Siria del 1935.

IL BUFFO SOPRANNOME

El sgarzin.

I Giommi sono detti “Sgarzin da Pied”, per non confonderli con gli “Sgarzin da Alt”. A distinguerli la loro posizione, in cima ed in fondo alla “Metaurilia Seconda”. La “sgarza” è la seduta impagliata delle seggiole. Si può quindi pensare che qualche antenato di entrambe le famiglie fosse “sgarzin”, colui cioè che realizza le “sgarze”.

I PRIMI TEMPI A METAURILIA

I Giommi, che sono tanti, ottengono una casetta del Secondo lotto, piccolina come le altre, ma con 1 ettaro e mezzo di terra, un orto quindi molto più grande degli altri. Le casette del secondo lotto si trovano in via della Tombaccia, la cosiddetta “Metaurilia Seconda”,  che fu completata nel 1937.

I primi tempi sono duri. Si fa la fame. Sul terreno, che si trova nei pressi del Ponte, è ancora presente il vecchio tracciato dell’Adriatica, quello che portava al Ponte di legno che c’era prima del Ponte monumentale, costruito da Mussolini nel 1925. Occorre quindi scavare, spezzare il  vecchio manto stradale, asportarlo, riportare la terra e lavorarla.

Maria, Lidia e Siria dormono nello stesso letto. Maria e Lidia, cugine come sorelle, con la testa dal verso giusto, per poter chiacchierare la sera in santa pace. Siria, che è più piccola dorme in mezzo, con la testa dal lato opposto. Proprio vero il detto “Te hai sentit gnent? No gnent, io dorm da pied del let”.

UNA TROMBA PER EVITARE IL FRONTE

Anno 1943, Giulio Giommi (il primo a sinistra) con alcuni commilitoni a Pola.

Durante la II guerra mondiale Giulio viene chiamato alle Armi in Marina e si reca a Pola. Il cugino Guido dell’orto 115 parte per il fronte Russo.

A Pola un giorno il comandante chiede se qualcuno sappia suonare la tromba. Giulio ci pensa un attimo, e poi alza la mano. Clarinetto e tromba non sono proprio la stessa cosa, ma gli sembra una grande opportunità per tornare a casa in licenza per qualche giorno e tace su questo piccolo dettaglio. Gli viene chiesto allora di tornare a casa a prendere lo strumento, che non possiede, ovviamente. Giulio parte, e l’armistizio lo coglie. Non tornerà più in guerra e sarà costretto a nascondersi.

L’altro cugino, Udino, dopo l’8 settembre, viene invece deportato in Germania.

Dopo il primo bombardamento sul Ponte Metauro, generato dalla flotta inglese che colpisce dal mare, la famiglia Giommi è costretta a sfollare a Piagge. La casetta si trova infatti a pochi metri dal Ponte, il bersaglio più ricercato dalle bombe. I Giommi rimarranno a lungo molto legati alla famiglia che li accolse in questo difficile momento di vita.

Durante il periodo dell’occupazione inglese, un soldato britannico che suona la tromba si unìsce ad Ettore e Giulio e al loro gruppo musicale per suonare alle feste, dove si recano spostandosi con un camion.

LAVORO DURO… E MUSICA!

Un suonatore di clarinetto, dal bel sito www.appennino4p.it/suonatori2

La famiglia Giommi lavora sodo e vende la bella produzione di ortaggi in un primo periodo a Fano, al mercato all’ingrosso a fianco delle Pie Venerini, poi dagli anni ’70 a Pesaro, Santa Veneranda, sempre all’ingrosso. D’estate ci vogliono 9 ore per annaffiare tutta la piantagione di pomodori, a giorni alterni. E quando non tocca ai pomodori, tocca al resto dell’orto.

Inizialmente i Giommi hanno anche un asino, che serve per trainare il carretto carico di ortaggi per il mercato. Più avanti l’asino viene sostituito  da un Ape scoperto e poi anche da un Ape coperto.

Ma Ettore è anche un buon musicista: arrotonda le entrate familiari suonando il clarinetto alle feste da ballo, ed avvia alla musica anche il nipote Giulio. Giulio dirà sempre che lui sa leggere la musica, ma non è dotato, mentre lo zio non la sa leggere, ma la sa suonare alla grande! Andranno fino a Morciano di Romagna, a portare la loro musica. La “leggenda” narra che Ettore, negli anni Venti, abbia suonato anche nella musica Arabita. Ma ci mancano le prove!

Ettore va anche a pescare, quando è stagione, sui barchetti degli amici Metaurili.

Giulio, che perde il babbo a metà degli anni Sessanta, è molto legato allo zio Ettore. Giulio è anche legatissimo ad Emilio Tonucci, il marito di Maria, dell’orto 84. Sono amici per la pelle ed insieme scrivono poesie in dialetto fanese. Ogni tanto Emilio scarrozza amico e nipoti nella sua 500 Giardiniera, dotata di inserti in legno.

INCONTRI E MATRIMONI: LA FAMIGLIA CRESCE…

Anno 1953, Giulio Giommi e Alessandra Bitonti poco prima di partire per il viaggio di nozze.

Le tre ragazze crescono, e nel primo dopoguerra si maritano e poi se ne vanno.

Maria, sposa Emilio Tonucci, dell’orto 85, poco distante. Anche una figlia di Maria ed Emilio, negli anni Ottanta, si sposerà a Metaurilia, con un ragazzo Ripanti, dell’orto 106. La sorella Siria conosce un bel giovanotto di San Benedetto del Tronto, che veniva periodicamente a Fano per trasportare i cavoli e parte anche lei. La cugina Lidia sposa Valentino Magi, un conoscente degli orti Garibaldi, che fece la guerra in Russia e tornò coi polmoni devastati.

Giulio è l’unico che rimane in casa con genitori e zii. Nel 1953 si sposa con Alessandra Bitonti, del 1928, una ragazza di Ponte Rio. I due ragazzi hanno due figli: Anna, che nasce nel 1954 e Paolo nel 1961.

Alessandra, la moglie di Giulio ogni tanto ha qualche problema col dialetto. Lei è di Ponte Rio, e 20 km possono fare la differenza, ad esempio quando si parla di pesci. Le vongole infatti, a Ponte Rio sono le capp’le, a Fano le “puras”, mentre le cozze a Ponte Rio si dicono “capp’le ner“, mentre a Fano “capp’le“. Così quando Alessandra chiede le capp’le al pescivendolo con l’apetto, invece delle vongole si ritrova le cozze!

LA CASA RADDOPPIA

Il piccolo Paolo dietro casa, nel 1966

Nel 1968 Giulio decide di costruire, a fianco, una casetta tale e quale, speculare, per la sua famiglia, ormai cresciuta.  Ma lasciare gli zii Ettore e Lavinia, ed andare a vivere di là, dall’altra parte del muro fa brutto, pare un abbandono, uno strappo. Così passeranno alcuni anni, prima che la famiglia di Giulio abbia il coraggio di trasferirsi nella casa nuova. Tanto che ancora nel 1972 la nuova casa, ancora poco utilizzata, accoglierà una famiglia anconetana parente del parroco, don Gualfardo, che si ritrova con la casa inagibile a causa del terremoto del 25/01/1972.

Alessandra Bitonti, moglie di Giulio Giommi durante la campagna dell’uva (anni ’70), con l’apetto scoperto.

LA NASCITA DELLO ZUCCHERIFICIO

Di là dal Ponte, dietro la Chiesa, dove in realtà doveva nascere Metaurilia, negli anni Cinquanta sorge il nuovo impianto dello Zuccherificio Montesi, che darà da lavorare durante l’estate a diversi ragazzi della Metaurilia Seconda, e tra questi Paolo. Gli operai specializzati provenivano invece dal Veneto: Savian , Renier, Borasco, Siviero, alcuni dei loro cognomi “esotici”.

La campagna delle barbabietole cominciava ad agosto e terminava ad ottobre e si lavorava a ciclo continuo su turni anche quindicinali. Tutta la zona in quel periodo era caratterizzata dall’odore dolciastro della barbabietola da zucchero.