Orto n. 15

Famiglia Aiudi (Luca el Marmurin)

GINO, “EL MARMURIN”

PRIMA DI METAURILIA

La famiglia Aiudi vive alla Cupa (un località nei pressi di Metaurilia). La casa dove vivono è praticamente una catapecchia. Quando nevica si ritrovano il cuscino imbiancato, tanto sono marce le travi del tetto.

Angelo è un omone alto 1 metro e 80 cm. Cammina scalzo, anche d’inverno. Anche nell’acqua. Lavora come operaio per la Cooperativa Braccianti. Per anni è uno di quelli che cura la manutenzione dei “cestoni” nel letto del fiume Metauro, che servono a “calmare” le piene. E che spesso le donne usano per sbiancare le lenzuola. Angelo inoltre ama visceralmente la caccia.

Un bel giorno il Podestà Battaglia, con dei collaboratori, gira per le campagne di Sant’Egidio a cercare famiglie povere cui proporre uno degli orti di Metaurilia. La famiglia Aiudi è perfetta: sono in tanti e sono poveri. Angelo non è molto pratico di orto, ma fa brutto scontentare il Podestà, e comunque l’opportunità è ghiotta: casa e terra in proprietà, in cambio di cavoli e pomodori, e di un comportamento adeguato.

Quand’è ora di scegliere Angelo non ha dubbi: l’orto n. 18 (il numero originario). Perché ha una cosa che gli altri non hanno. Ha un lago. Un laghetto in verità: 80 m. x 80 m. circa, ma vuoi mettere? Una “nocetta” sempre pronta, praticamente. Cominci a metterci due anatre e il resto vien da sé. Gli uccelli migratori ne saranno attratti irresistibilmente. E giù Angelo con lo schioppo! Bisogna però lasciare la Cooperativa, ma pazienza!

Il fratello Antonio invece ottiene l’orto n. 13, poco più avanti, in direzione Fano, sempre lato mare. Ma si sbagliano a trascrivere il cognome: non più Aiudi, ma Aiuti! Aiuti o Aiudi, comunque non importa. Tanto per tutti si chiamano “Luca”. Luca el Marmurin, o Renato d’Luca. Ma chi è questo Luca, nessuno lo sa.

Angelo, con la moglie Teresa Ferri decide di allevare 2 capre e 2 pecore: così tengono pulita la “nocetta”, cioè le sponde del lago, e danno latte. Colazione e formaggi assicurati. E carne di cacciagione. Ogni mattina di buonora Angelo entra scalzo nelle acque del laghetto e “pum-pum”, fa fuori un’anatra.

I PRIMI TEMPI A METAURILIA

Angelo e Teresa si trasferiscono a Metaurilia con 3 dei loro 4 figli: Luisa, Elso e Gino. Pasquale, che è del 1906, non c’è infatti, si è già sposato. Gino, il 25 aprile 1935 sposa Assunta Ragnetti e subito dopo vanno tutti a vivere nella nuova casetta di Metaurilia. Gli sposi dormono in una camera, Luisa ed Elso con la mamma Teresa, ed Angelo assieme ai formaggi e allo schiopposulla paglia nel capanno,  dove aveva anche costruito un forno per il pane.

Gino ed Assunta hanno presto 4 figli: Medardo (1936), Giorgio (1937), Carmen (1939) ed Evandro (1941). Essendo padre di 4 figli non verrà richiamato per la guerra. Ma forse non sarebbe partito lo stesso perché troppo basso: malgrado il babbo fosse un omone, lui era alto solo 1 metro e mezzo.

1945. La Prima Comunione di Giorgio e Luisa, coi fratelli Medardo ed il piccolo Evandro, genitori e familiari

APPUNTAMENTI AL …CIMITERO

Gino non fa i cestoni come il babbo. Ma neanche l’ortolano. Fa il “marmurin”. Non potrebbe, il contratto di locazione dell’orto non lo consente. Hai avuto l’orto e devi fare l’orto. Ma la sua attività viene tollerata. A coltivare cavoli e pomodori ci pensano i genitori e la moglie Assunta.

Gino invece viaggia da un cimitero all’altro, e funerale dopo funerale, incide le lapidi. Il più delle volte lapidi riciclate. Quando viene fatta un’esumazione lui prende la lapide ed incide il nome del nuovo defunto in un punto rimasto libero dalle precedenti incisioni.

Raramente la famiglia del defunto è benestante, e può non solo permettersi una lapide nuova ma ha anche un carretto ed un’asino per portarla a Metaurilia da Gino, e per riandarla a prendere. Gino lavora dappertutto: San Costanzo, Cerasa, Mondolfo, Caminate, Monte Maggiore, Piagge. E Castelvecchio di Monteporzio. Dove conosce la futura moglie, Assunta. Di qua del fiume però. Di là c’è la concorrenza. A San Costanzo con porchetta e bottiglione di vino ogni sabato al custode, il lavoro è garantito. Si porta su, ci si siede sul feretro che attende per tre giorni la sepoltura, come di legge fino al 1955, e si mangia allegramente insieme.

Una professione di alta specializzazione, rispettata. Forse per questo tollerata. Il primo sindaco di Fano, dopo la guerra, chiede proprio a Gino di andare a ripassare le incisioni sulle colonne monumentali del Ponte Metauro. E chissà, forse a cancellare qualche scritta che ricordi la tragica dittatura appena terminata. Ci va con Medardo e Giorgio, i suoi figli più grandi, cui ha insegnato, da quando avevano 7 anni, il mestiere. Il Sindaco lo sceglie anche per rimuovere tutti i fasci ancora attaccati ai camini e alle pareti delle case di Metaurilia.

MUSSOLINI IN VISITA

Mussolini nel 1939  è di nuovo in visita a Metaurilia, ed entra in casa degli Aiudi. I bambini, piccolissimi, vengono rinchiusi in una camera, perché non disturbino la visita. “Io sono Mussolini”, esordisce. La mamma cerca allora di baciargli la mano, ma lui magnanimo la blocca: “No no, io sono come lei”. Si avvicina alla pentola in cucina ed assaggia il sugo: “Buono”, esclama. Poi fa domande del tipo “Vi pagano il raccolto?” o dà consigli “Mi raccomando, cambiate le lenzuola spesso, almeno ogni 10 giorni”.

Visita anche gli orti vicini. DA “Gniclin”, trova la moglie incinta e le dice: “Mi raccomando. Se avrà un maschio, lo chiamerà Benito”. E così fu.

Mussolini passava spesso per Fano, proveniente da Fossombrone. Quando in taxi, quando in carrozza col Podestà.

Assunta, la prima da sinistra, presso la scuola di ricamo di Pergola

PAROLA D’ORDINE: NASCONDERSI

Elso,  in tempo di guerra è chiamato al fronte in Iugoslavia. Dopo l’armistizio riesce a fuggire, torna a Metaurilia e si nasconde tra il granturco di Belogi. I nipotini Giorgio e Medardo a turno gli portano da mangiare. Così per 3 mesi. Due volte al giorno infatti i carabinieri vengono a vedere se Elso, disertore è tornato.

Tra il 1943 e il 1944, piovono bombe sul Metauro. La famiglia si ripara presso l’orto di fronte, nel quale c’è l’imboccatura di un rifugio di fortuna che attraversa il terreno del sor Momo Solazzi, dove vivono i Belogi, per una profondità di 50 metri.

I ripetuti bombardamenti sul ponte non hanno mai centrato l’obiettivo, ma gli argini sì! Così nel 1946, un’abbondante pioggia provoca lo straripamento del fiume che arriva fino ad un metro dalla casa degli Aiudi, e poi defluisce nell’unico varco esistente sotto la ferrovia, proprio nei pressi.

Bombardamento dei ponti sul fiume, dal sito Marche Liberate

LA STATALE COLPISCE ANCORA

Angelo trovò la morte, come tristemente altri coloni di Metaurilia, davanti a casa, investito da un’auto diretta ad Ancona, il 30 settembre 1957, mentre attraversava la strada in bicicletta. Era uscito di casa per andare a tagliare i capelli dal contadino barbiere Filippetti, verso Torrette come d’abitudine una volta al mese.

Con lui è morto l’orto, ed è morta la vigna. E sono arrivati gli autotreni, anche due alla settimana, carichi di marmi.

CHI PARTE, CHI RESTA… E CHI SI INVENTA IL LAVORO!

Finita la guerra i ragazzi tornano a scuola. La seconda e la terza da Belogi, sopra il fienile. La quarta e la quinta a Ponte Metauro, dove le aule scolastiche, danneggiate dai bombardamenti, sono state finalmente rimesse un po’ in sesto. Poi continuano il lavoro del babbo. Dalle lapidi il lavoro si estende a componenti d’arredo come battiscopa, piani di lavoro, lavabi, soglie. La mamma invece viene chiamata spesso per aiutare a partorire le donne di Metaurilia, o per fare le punture.

Intanto il fratello più piccolo di Gino, Elso, vuole andare in America per cercare fortuna. Ma le carte si perdono nella burocrazia. Elso è impaziente, vuol partire, ed allora si dirige in Svizzera, dove rimarrà per 10 anni. Prima del suo ritorno incarica un muratore di Villa Uscenti, Giuseppe Montesi, di costruirgli una casetta a fianco a quella del babbo, dove andrà ad abitare con la sua sposa.

Dal 1950 al 1965 Gino ha anche la responsabilità della manutenzione di tutte le pietre miliari della Statale Adriatica da Cattolica a Falconara, che raggiunge tranquillamente in bicicletta.

Intanto vicino alla chiesa prospera la fabbrica della conserva, e tutti i magazzini del Consorzio, della Cooperativa, di Rupoli. E’ tutto un via vai di biciclette. Gli operai, per la maggior parte donne, provengono dai paesi vicini. E bucano spesso le gomme. Giorgio e Medardo hanno imparato dal babbo a riparare le camere d’aria, ed il lavoro per loro è continuo. Senza la bicicletta non si può tornare a casa. Una delle operaie è Tiliana, la figlia del custode di San Costanzo, quello della porchetta. Durante i giorni lavorativi Tiliana vive con loro.